La grotta senza nome del Ciolo

Nella soleggiata domenica salentina del 6 febbraio 2022, i soci del Gruppo Speleologico Tricase hanno condotto un’estesa attività di indagine e documentazione in una delle diverse cavità che costellano l’insenatura naturale denominata “Ciolo”.

Le cavità in loco, alcune ricadenti in proprietà privata, sono state ampiamente indagate nel corso degli anni ‘60 da diverse equipe di archeologi e speleologi provenienti da tutta Italia, in un fiorente periodo di documentazione e  ricostruzione della cronistoria preistorica e protostorica di tutta la penisola.

L’alacrità dell’esplorazione non ha proceduto di pari passo con l’attività di documentazione dato che, della consistente mole di ricerche condotte in quegli anni, restano solo lacerti di relazioni e resoconti spesso lacunari. Non è quindi insolito operare in contesti che, nonostante siano già stati indagati in passato, si palesino spesso completamente anonimi.

È in una di queste grotte ancora senza nome che il GST ha sporcato le sue tute a contatto con la nuda roccia e un paleosuolo che ha restituito nel tempo cocci di ceramiche acrome di incertadatazione e alcuni reperti in selce.

È la voce della gentile proprietaria che attingendo agli amarcord della propria infanzia, accompagna con passo narrativo l’esplorazione e la documentazione di questa cavità protetta dalla vista disguardi indiscreti da un imponente muro di recinzione, che ha trasformato l’ampio ambiente ricavato da un riparo sotto roccia (per una larghezza di poco più di 7 metri ed un’altezza di circa 10)
in una vera e propria stalla ad uso degli atavici proprietari.

Ingresso alla grotta
Primo ambiene in compagnia della proprietaria della cavità

Dal riparo, ormai stabile dimora di un vecchio fico secolare, si dipartono, a circa 3 e 7 metri di altezza, due brevi cunicoli dei quali il primo offre discrete diramazioni e una fresca e insistente corrente d’aria aspirante, che lascia ben sperare nella presenza di ulteriori ambienti oltre un’antipatica strettoia. Per la deludente indagine del cunicolo più in alto è stato invece necessario
attrezzare una risalita su corda.

Ispezione di un cunicolo posto a circa 3m di altezza rispetto al piano di calpestio
Armo di una risalita per ispezionare un cunicolo posto a circa 7m di altezza rispetto al piano

Alla base della parete rocciosa si snoda un breve cunicolo ricco di terra da riporto, che si insinua nel sottosuolo per circa 4 metri, ricettacolo, secondo alcuni archeologi condotti sul posto, di potenziali sepolture eneolitiche: ipotesi avanzata sulla base del rinvenimento di alcuni cocci ceramici nel terreno circostante la cavità.

A ridosso della parete sinistra, adiacente la porta di ingresso ricavata nel muro a secco, si apre una diaclasi che immette in un ulteriore ambiente con rade formazioni speleogenetiche.

Il rilievo e la documentazione fotografica hanno impegnato abbondantemente tutta la mattinata, conclusasi con un bicchiere di coca cola offertoci dai gentilissimi proprietari che ci hanno ospitato e che ci lasciano andar via con la promessa di ritornar quanto prima per eliminare i pochi punti interrogativi che restano su questo magnifico ambiente.
Il sole splende ancora nel cielo, la temperatura è mite, la giornata è ancora nel pieno del suo vigore, percui prima di tornare nelle rispettive dimore per consumare ciò che resta della domenica, è obbligo approfittare delle bellissime pareti di roccia che offre questa località, e dalle quali si può godere di una stupenda immagine ds cartolina a due passi dal mare, per un po’ di ripasso di tecniche di progressione su corda.

Esercitazione di tecnica

Marco Piccinni

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