La nostra Giornata della Speleologia: 6 Ottobre 2019

Possibilità e impossibilità. Due parole come tante dal significato diametricalmente opposto. Così simili nella forma eppure concettualmente così distanti. Solo due lettere fanno la differenza tra ciò che può essere esclusivamente pensato, sognato, desiderato senza nessuna possibilità di concretizzazione, e quanto invece appare tanto semplice da essere scontato, lapalissiano.

Per uno speleologo il concetto di possibile e impossibile viaggiano sul medesimo binario, sovrapponendosi, fondendosi ripetutamente, eliminando di fatto delle distanze che per altri sembrano incolmabili utilizzando semplicemente una corda, qualche moschettone e un casco munito di torcia.

Lo speleologo si fa portavoce della conoscenza di un mondo intriso di tenebre. Un “dio” per alcuni, in quanto lucifero in un mondo dimenticato persino dal sole; un “pazzo” per altri, che va all’insensata ricerca di un pericolo dal quale si potrebbe tranquillamente stare alla larga. Questa conoscenza non può sussistere ad esclusivo appannaggio di pochi. Deve essere condivisa.

Le Giornate Nazionali della Speleologia rappresentano una delle tante occasioni per attraversare quel ponte che collega il vasto mondo sotterraneo con ciò che lo sovrasta. Una ricorrenza che anche i più timorosi non si lasciamo sfuggire per cercare di entrare in contatto con ciò che li spaventa, chiedendo di essere presi per mano e accompagnati in un contesto nuovo, insolito, buio si, ma brulicante di meraviglie.

Tre distinti eventi, due comuni, tanta curiosità e partecipazione hanno caratterizzato la giornata di domenica 6 ottobre 2019 sotto il gonfalone del Gruppo Speleologico Tricase.

La protagonista della mattinata è la Vora Grande di Barbarano del Capo, risorta a nuova vita da un passato tormentato che l’ha vista identificarsi con le fauci demoniache degli inferi, fameliche di anime; teatro di efferati omicidi; recapito di rifiuti. L’aria è intrisa di domande a quanti risalgono su corda da quegli inferi, così temuti in altre epoche, e di aneddoti legati al quotidiano di chi ha condiviso la propria esistenza con quell’insolita “presenza”:

«Ma è vero che ci sono cunicoli che arrivano a mare?».

«Durante la guerra scendevamo per prendere gli animali che ci cadevano dentro, non avevamo altro da mangiare, dovevamo adattarci!».

«Mio nonno diceva che lì ci cadde una bicicletta che poi hanno ritrovato a Leuca».

«Ma è senza fondo, vero?».

«Quando nel ‘57 ci fu l’alluvione è stata la vora che ci ha salvati, ma era tutta piena d’acqua fino all’orlo, anzi più che acqua era fanghiglia!».

Vora di Barbarano, interno

Domande e pensieri che si accavallano, spesso interrotti quando l’occhio si volge alle decine di foto di ambienti carsici appese sul muro di recinzione della cavità.

Vora di Barbarano, esterno
Vora di Barbarano, esterno

Togliamo foto e corde, cambiamo location per dirigerci ad Acquarica del Capo ed accogliere i partecipanti di quella che chiamiamo Speleo-Experience: la visita speleologica di una cavità affascinante. Dubbi e paure degli aspiranti speleologi svaniscono di fronte alle innumerevoli manifestazioni del lento fluire dell’acqua nel sottosuolo. Il “non credo di farcela” si trasforma rapidamente in un “è stata una delle esperienze più belle della mia vita!” e quelli che prima erano occhi intimoriti ora sono pieni di gioia e riconoscenza.

Speleo-experience
Speleo-experience
Speleo-experience

Salutati i nostri nuovi amici con una stretta di mano ci prepariamo a ricevere un gruppo di visitatori per l’ultimo evento della giornata. La visita a Santa Maria della Grotta: un invaso carsico che racconta una storia lunga più di mille anni con centinaia di iscrizioni che si rincorrono sulle pareti della galleria più interna. Invocazioni, date, iniziali di nomi e cognomi ormai dimenticati, segni consunti e immagini sbiadite. Un filo conduttore sconosciuto che lega elementi diversi e li custodisce gelosamente nel sottosuolo.

Santa Maria della Grotta

Usciamo dalla grotta che il sole è già tramontato, ritorniamo nell’oscurità rischiarata dalla luce delle stelle mentre l’aria si impregna nuovamente di saluti e ringraziamenti. “Una bella esperienza”. Non avevamo dubbi.

Marco Piccinni

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